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Tag: Storia

Refosco, uno straordinario rosso autoctono

Sei un amante dei vini rossi? In questo articolo, ti proponiamo un approfondimento su un vino in particolare.. il Refosco! Un Rosso autoctono della regione Friuli Venezia – Giulia, profondamente legato alla storia ed alla cultura di questo territorio.

Il Rapporto con il Territorio

Il Refosco è un particolare vino che ha un rapporto profondo e storico con il territorio friulano, essendo stato coltivato lì per secoli. Le fonti attestano la presenza del Refosco in varie zone del Friuli, evidenziandone il legame con la cultura locale. Ecco alcuni aspetti chiave del rapporto tra il Refosco e il territorio:

  • Diffusione geografica: Le fonti indicano che il Refosco non era limitato a una specifica area del Friuli, ma veniva coltivato in diverse località, dai Colli Orientali alla Bassa di Scodovacca, fino alla zona di Gemona. Questa diffusione capillare suggerisce un adattamento del vitigno a diversi microclimi e terreni.
  • Prestigio e valore: Sin dal Settecento, il Refosco è stato riconosciuto come un vino di qualità superiore, denominato “liquore” per distinguerlo dai vini “ordinari” destinati al consumo quotidiano. Veniva apprezzato dalle classi agiate e utilizzato per occasioni speciali, come banchetti e regali.
  • Legame con la storia e la tradizione: Il Refosco è menzionato in documenti storici che risalgono al Quattrocento, dimostrando la sua presenza secolare nella regione.  La sua coltivazione si è tramandata di generazione in generazione, diventando parte integrante dell’identità viticola friulana.
  • Toponomastica: La presenza del Refosco nel territorio è testimoniata anche dalla toponomastica, con diversi luoghi che prendono il nome dal vitigno. Questo indica l’importanza del Refosco nella cultura locale e la sua influenza sul paesaggio.
  • Diversità: Nel corso dei secoli, si sono sviluppate diverse varietà di Refosco, ciascuna con le proprie caratteristiche. Questa biodiversità è il risultato dell’interazione tra il vitigno e l’ambiente, nonché delle selezioni operate dai viticoltori nel corso del tempo.
  • Sfide e rinascita: Nonostante le difficoltà affrontate nel corso del Novecento, come le malattie della vite e l’avvento di nuovi vitigni internazionali, il Refosco ha vissuto una rinascita negli ultimi decenni.  Questo dimostra la resilienza del vitigno e il rinnovato interesse per i vini autoctoni.

In sintesi, il Refosco rappresenta un legame tangibile tra il territorio friulano, la sua storia e la sua cultura. La sua presenza diffusa, il suo valore riconosciuto e la sua diversità ne fanno un simbolo dell’identità viticola della regione.

Dove nasce questo vino?

Non è possibile determinare un luogo di nascita preciso per il Refosco. Le fonti che abbiamo, tuttavia, offrono alcune indicazioni sulla sua diffusione storica:

Grappolo - Refosco di faedis

● Ampia diffusione nel Friuli: Le fonti indicano che il Refosco è stato a lungo coltivato in diverse aree del Friuli, dai Colli Orientali alla Bassa Friulana.

● Prime attestazioni e zone di prestigio: Le prime attestazioni del Refosco provengono da varie località del Friuli, tra cui Albana, Crauglio e Buttrio. Nel corso dei secoli, zone come Faedis, Scodovacca e Manzano si sono distinte per la produzione di Refosco.

● Varietà e localizzazione: Le fonti descrivono diverse varietà di Refosco, ognuna associata a specifiche aree del Friuli. Ad esempio, il Refosco gentile era prevalente nella zona di San Vito al Tagliamento, il Refosco di Manzano a Manzano e il Refosco di Faedis a Faedis.
Sebbene non sia possibile individuare un luogo di nascita specifico, le fonti suggeriscono che il Refosco abbia una lunga storia nel Friuli, dove si è evoluto in diverse varietà, ognuna legata a particolari territori e tradizioni viticole.

Le origini del nome

L’origine del nome “Refosco” è ad oggi incerta, ma ci sono alcune ipotesi.

● L’ipotesi più probabile è che il nome derivi da “rap fosc“, che significa “grappolo scuro” in friulano. L’aggettivo “fosc” è raro nell’uso corrente, ma è presente in alcuni toponimi.
● Un’altra ipotesi, meno probabile, è che “Refosco” derivi dal friulano “rafuès“, che significa “propaggine della vite“. Questa ipotesi è improbabile a causa della dittongazione friulana, che avrebbe portato a una forma come “refosso” in veneto.
● Infine, alcuni hanno ipotizzato che il nome sia una contrazione di “Riu Fosc“, che significa “Rio Scuro“. Anche questa ipotesi è poco probabile.
Il nome “Refosco” è attestato per la prima volta nel XV secolo. Nel corso dei secoli, il nome è stato utilizzato per indicare diversi vitigni, anche molto diversi tra loro, probabilmente a causa del prestigio del vino prodotto dal Refosco originale.

 

Il Refosco di Faedis

Il Refosco di Faedis è un vino rosso autoctono che ha radici profonde nella terra di Faedis, risalenti a duemila anni fa. Questo vitigno è quasi scomparso durante le due guerre mondiali, ma grazie all’impegno di alcuni produttori locali è tornato a prosperare. Oggi è protetto dalla denominazione “Refosco di Faedis Doc“, un sigillo di autenticità e qualità. Questo vino, prodotto in questa zona, si contraddistigue particolarmente per il terreno, per il colore, per il gusto e l’aroma. È tipicamente rosso rubino profondo con riflessi violacei che evolvono in toni granato con l’invecchiamento, complesso, con note di viola, rosa canina, mora, piccoli frutti di bosco, mineralità, terra umida e sottobosco.

Faedis

Il Refosco di Faedis è un vino che racconta la storia e la cultura di un territorio. Non è solo una bevanda, ma un simbolo di resilienza e di valorizzazione di un tesoro enologico.
Norberto Marzotto, nel suo libro “Ampelografia del Friuli”, descrive il Refosco di Faedis come un vitigno a foglia glabra, con grappoli grandi, conici, allungati e alati, simili a quelli della Marzemina. I suoi acini sono sferici, di media grandezza, con buccia consistente e polpa dolce. Marzotto sottolinea che il Refosco di Faedis viene erroneamente chiamato “Refoscone” in alcune zone del Friuli, creando confusione nella nomenclatura.
Anche il “Nuovo Pirona”, un vocabolario friulano, riporta il Refosco di Faedis come una varietà a sé stante.
Secondo Enos Costantini, la confusione riguardo ai diversi tipi di Refosco è dovuta al prestigio del vino originale, che ha portato all’utilizzo del nome per molti altri vitigni.

Come il terreno influenza le caratteristiche del Refosco di Faedis?

Il Refosco di Faedis è influenzato in modo significativo dal terreno unico della regione precollinare in cui viene coltivato.

Le caratteristiche distintive del vino, tra cui il suo sapore robusto e il carattere distintivo, sono direttamente attribuibili alla complessa composizione del terreno e agli effetti sul processo di crescita della vite.

● Il terreno della regione è caratterizzato da una notevole varietà e dalla mutevolezza delle condizioni climatiche, che presentano sfide significative per le viti che crescono in questo ambiente. Le viti sono costrette a lavorare di più per ottenere nutrienti essenziali dal terreno esigente, e questo sforzo si traduce in uve con sapori intensi e complessi.

● Questo ambiente impegnativo contribuisce alla forza e al carattere distintivo insiti nel Refosco di Faedis, distinguendolo da altri vini. I viticoltori locali riconoscono l’importanza profonda del terroir nel plasmare l’identità del Refosco di Faedis, considerandolo un riflesso tangibile del patrimonio e della resilienza della terra.

Il vino incarna la ricca narrazione della sua origine, offrendo un assaggio della complessità geologica e del carattere unico della regione di Faedis.
Oltre alle sue qualità sensoriali, il Refosco di Faedis funge da testimonianza dell’eredità culturale e storica della regione. Le etichette di questi vini spesso raffigurano simboli arcaici e allusioni ai castelli medievali che punteggiano il paesaggio, a sottolineare il profondo legame tra il vino, la terra e le persone che lo coltivano da generazioni. Questo intreccio di geografia e storia contribuisce all’attrattiva del Refosco di Faedis, consolidando il suo status di vino straordinario che cattura l’essenza del suo terroir.

Abbinamenti

musetto

Il Refosco  è un vino versatile che si abbina bene a molti piatti della cucina friulana. È un’ottima scelta per piatti sostanziosi come il musetto con la brovada, lo stinco al forno, la jota, la minestra di crauti e fagioli e i salumi locali.

Si abbina bene anche a coda alla vaccinaracapretto al forno e selvaggina, in particolare fagiano, lepre in salmì e capriolo.

Il Refosco dal peduncolo rosso va servito a 16 gradi in un bicchiere di vetro sottile con stelo alto e un’ampia coppa a forma di tulipano sbiadito. Il Refosco dal peduncolo rosso è un vino da pasto “rustico e campagnolo”.

Pitina IGP, storia e curiosità!

Mai sentita nominare? Beh.. in questo articolo te la introduciamo noi! Stiamo parlando della “misconosciuta” Pitina IGP! Un salume friulano tipico di alcune zone montane del Friuli Venezia Giulia!

Ma.. dove nasce di preciso?

val tramontina

La Pitina, chiamata anche Peta o Petuccia, è una “polpetta di carne affumicata” tipica delle Prealpi Carniche in Friuli Venezia Giulia. Ha origine nelle zone montane della Regione, in particolare nelle valli della Val Tramontina, Valcellina e Val Colvera.

Le origini della Pitina risalgono almeno all’inizio dell’Ottocento, quando gli abitanti delle borgate di Frassaneit, nell’attuale comune di Tramonti di Sopra, la inventarono per conservare la carne. Queste zone sono state proprio identificate come il luogo di origine della Pitina nel 1800. Ancora oggi, Tramonti di Sopra ospita la “Festa della Pitina”, dal 1969.

 

Dove si produce oggi per ottenere il marchio IGP

logo igpOggi, la produzione della Pitina IGP, per poter ottenere questo riconoscimento di qualità, deve attenersi a quanto stabilito dal disciplinare di produzione. Questo documento indica anche quali carni sono ammesse per la sua preparazione e delimita l’area geografica di produzione.

Ecco le informazioni principali:
Area Geografica: La Pitina IGP può essere prodotta esclusivamente nella provincia di Pordenone, in particolare nei territori comunali di Andreis, Barcis, Cavasso Nuovo, Cimolais, Claut, Erto e Casso, Frisanco, Maniago, Meduno, Montereale Valcellina, Tramonti di Sopra e Tramonti di Sotto.
Lavorazione: Mentre un tempo la lavorazione avveniva nelle cucine o nei “camarin” delle case, oggi si svolge nei laboratori delle macellerie, seguendo le norme igienico-sanitarie. L’affumicatura, tradizionalmente fatta nei camini domestici, si effettua in appositi affumicatoi in acciaio.
Tradizione e Innovazione: Nonostante l’evoluzione delle tecniche di produzione, la Pitina IGP mantiene un forte legame con il territorio e le sue tradizioni. La ricetta, tramandata di generazione in generazione, prevede l’utilizzo di ingredienti semplici e genuini, provenienti dalle vallate circostanti.

Per quale motivo nasce?

La Pitina nasce dalla necessità delle popolazioni montane del Friuli Venezia Giulia di conservare la carne il più a lungo possibile, soprattutto durante l’inverno, quando le risorse erano scarse.
Ecco i motivi principali:

Mancanza di sale: La posizione geografica delle valli, lontane dal mare, rendeva difficile e costoso l’approvvigionamento del sale, principale metodo di conservazione delle carni a quei tempi.
Abbondanza di selvaggina e animali da allevamento: La caccia e l’allevamento di ovini, caprini e suini fornivano una fonte di carne che doveva essere conservata per essere consumata durante tutto l’anno.
Scoperta dell’affumicatura: L’affumicatura, tecnica di origine celto-germanica, si è rivelata un metodo efficace per conservare la carne, sfruttando il fumo prodotto dai focolari domestici, sempre accesi durante i mesi freddi.
Sfruttamento degli scarti: La Pitina permetteva di utilizzare anche le parti meno pregiate della carne, come quelle di scarto o provenienti da animali feriti o macellati per necessità.
Farina di mais come involucro: La farina di mais, ingrediente tipico delle zone montane, veniva utilizzata come involucro per le polpette di carne, in mancanza di budelli difficili da reperire.
La Pitina rappresenta quindi un esempio di come le popolazioni montane abbiano saputo sfruttare al meglio le risorse a disposizione, trasformando una necessità in una prelibatezza gastronomica.

carni    

Come degustare la Pitina IGP?

La Pitina, salume affumicato originario delle valli del pordenonese, si presta a diverse modalità di degustazione, sia come ingrediente principale che come accompagnamento ad altri sapori.
Ecco alcuni suggerimenti su come gustare al meglio la Pitina:
Cruda: Tagliata a fette sottili, la Pitina può essere gustata come antipasto o merenda, accompagnata da pane casereccio, formaggi freschi o stagionati e un buon bicchiere di vino rosso friulano.
Nel brodo: Un piatto tradizionale è la Pitina nel brodo di polenta, dove le fette di Pitina vengono aggiunte al brodo caldo, rilasciando il loro sapore intenso e aromatico.
Con la polenta: La Pitina si sposa perfettamente con la polenta, sia calda che fredda. Si può servire sbriciolata sulla polenta morbida, oppure a fette come accompagnamento a una polenta più consistente.
Nelle zuppe o nei piatti a base di orzo: La Pitina può essere utilizzata per insaporire zuppe di verdure, orzotti o legumi, aggiungendola a cubetti durante la cottura.
Alla brace: Un’altra modalità di degustazione è cuocere la Pitina alla brace, ottenendo un sapore ancora più intenso e una consistenza leggermente croccante. Si può servire con un contorno di verdure grigliate.
Scottata nell’aceto: Simile alla preparazione del salame con l’aceto, tipico del Friuli Venezia Giulia, la Pitina scottata nell’aceto è un piatto saporito e stuzzicante

Ricette gourmet: Negli ultimi anni, la Pitina ha conquistato anche la cucina gourmet, diventando protagonista di piatti creativi e raffinati, come risotti, pasta fresca e secondi piatti.

Abbinamenti: Per esaltare il sapore deciso della Pitina, si consigliano vini rossi corposi e strutturati, come il Refosco dal Peduncolo Rosso o il Schiopettino, oppure vini bianchi morbidi e aromatici, come il Verduzzo Friulano o la Ribolla Gialla.
Consigli:
● Scegliere Pitina di qualità, preferibilmente IGP, a garanzia dell’origine e della lavorazione tradizionale.
● Conservare la Pitina in un luogo fresco e asciutto, avvolta in un canovaccio di cotone o carta per alimenti.
● Prima di consumarla cruda, togliere la farina di mais in eccesso con un coltello.
● Sperimentare diverse ricette e abbinamenti per scoprire il proprio modo preferito di gustare la Pitina.

Prosciutto di San Daniele Dop, scopri la storia

Se sei un amante o un estimatore del Prosciutto Crudo di San Daniele DOP.. questo articolo susciterà la tua curiosità!

Primi cenni storici

I primi riferimenti storici alla produzione di prosciutto a San Daniele risalgono all’epoca dei Celti, che usavano i maiali come fonte di cibo. Reperti archeologici nella Chiesa di San Daniele in Castello indicano che i maiali erano già utilizzati per l’alimentazione tra l’XI e l’VIII secolo a.C..

Nel Medioevo, l’allevamento dei suini e la norcineria si svilupparono ulteriormente, rendendo la carne di maiale una parte sempre più importante della dieta friulana. Un manoscritto del 1453, “De Conservanda Sanitate”, del medico Geremia Simeoni, suggeriva di consumare come antipasto le parti magre del maiale conservate sotto sale.

Nel 1563, durante il Concilio di Trento, i delegati consumarono una notevole quantità di prosciutto di San Daniele, come testimoniato da un documento del 1° luglio 1563.

La reputazione del prosciutto crebbe nel corso dei secoli, tanto che nel 1798 gli ufficiali dell’esercito napoleonico ne saccheggiarono una grande quantità, insieme ai tesori della Biblioteca Guarneriana. Dopo l’annessione del Friuli al Regno d’Italia nel 1866, il prosciutto di San Daniele si diffuse in tutto il paese e nelle corti europee.

Perché proprio San Daniele?

Il prosciutto si produce a San Daniele grazie a una combinazione unica di fattori che si trovano in questa specifica area geografica.

San Daniele del Friuli  S.Daniele del Friuli.

Microclima: La posizione geografica di San Daniele del Friuli crea un microclima ideale per la stagionatura del prosciutto. Situata tra le Prealpi Carniche e il Mare Adriatico, la città gode di una ventilazione costante dovuta all’incontro tra la brezza marina calda e umida proveniente dal mare Adriatico e i venti freddi che scendono dalle Alpi. Il fiume Tagliamento svolge un ruolo fondamentale in questo processo, agendo come un “climatizzatore” naturale e regolando il flusso d’aria, la temperatura e l’umidità.

Territorio: L’orografia del territorio, con la sua origine morenica, conferisce al terreno un’elevata capacità igroscopica, favorendo il drenaggio dell’umidità, fattore essenziale per la stagionatura del prosciutto.

Tradizione: Le origini della produzione di prosciutto a San Daniele sono antiche e risalgono, come citato sopra, ai Celti. La storia appunto testimonia come la produzione di prosciutto in questa zona sia stata costante e apprezzata nei secoli.

La combinazione di questi fattori – il microclima unico, le caratteristiche del territorio e la lunga tradizione – ha reso San Daniele il luogo ideale per la produzione di questo prosciutto, conferendogli un sapore e un aroma unici e inimitabili.

Qual è l’origine del nome “prosciutto”?

L’origine del nome “prosciutto” è da ricercarsi nel latino. Gli studiosi hanno identificato due possibili origini della parola:

Pro + exsuctus: Alcuni ritengono che derivi dalla particella pro, che indica l’anteriorità di un’azione, e da exsuctus, participio passato del verbo exsugere, che significa “spremere” o “inaridire”.

Prae suctus: Altri studiosi propendono per prae suctus, che significa “succhiato”.

Entrambe le ipotesi, comunque, si riferiscono al processo di lavorazione della carne e alla sua stagionatura.

Perché la caratteristica forma a “chitarra”?

Prosciutti Bagatto

Il Prosciutto di San Daniele DOP è noto per la sua caratteristica forma “a chitarra”, che viene creata durante la fase di pressatura del processo produttivo. Durante la pressatura, la coscia di suino viene pressata uniformemente per 24-48 ore, il che fa sì che i liquidi in eccesso vengano drenati e la coscia assuma la sua forma unica.

Questa forma non è solo una caratteristica estetica, ma è anche importante per garantire una stagionatura ottimale. È tra l’altro, un tratto distintivo e riconoscitivo “chiave” di questo prosciutto rispetto ad altri.

La materia prima è importante

Le materie prime utilizzate esclusivamente per la produzione del Prosciutto di San Daniele DOP sono cosce di suino selezionate e sale marino.

Il disciplinare di produzione del Prosciutto di San Daniele DOP specifica che non vengono utilizzati conservanti nella produzione del prosciutto. I suini devono essere nati, allevati e macellati in Italia,  in particolare in dieci regioni del centro – nord (Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Marche, Umbria, Toscana, Lazio, Abruzzo). Il microclima unico di San Daniele del Friuli, come specificato sopra,  è anche considerato un fattore chiave nella produzione del Prosciutto di San Daniele DOP, anche se non è una “materia prima”, ma è estremamente fondamentale per garantirne il sapore caratteristico.

 

…adesso che hai qualche nozione in più in merito a quanto sia buono e speciale questo prodotto, non ti rimane che provarlo! Trovi qui i nostri! -> PROSCIUTTO S. DANIELE DOP

frico piva enzo

Che origini ha il Frico Friulano?

Il frico nella regione Friuli è un passaggio obbligato, quasi un rito di iniziazione.. un piatto tipico alla scoperta di una tradizione storica dalle origini antiche, scopriamole insieme!

Le origini

Le origini storiche del frico friulano sono in parte incerte, ma diverse fonti suggeriscono che sia un piatto nato dalla tradizione contadina friulana, probabilmente nasce intorno al XV secolo.
Sebbene gli ingredienti siano simili, non è chiaro se questa ricetta fosse effettivamente il frico come lo conosciamo oggi.
Alcune fonti ipotizzano che il frico, insieme alla polenta, fosse un pasto tipico dei contadini friulani, in particolare nella zona della Carnia. La versione croccante, che approfondiamo sotto, del frico potrebbe essere stata il cibo ideale per i boscaioli, in quanto facilmente trasportabile durante il lavoro in montagna.

strissulis

L’utilizzo degli “strissulis“, ritagli di formaggio avanzati dalla produzione delle forme, evidenzia la natura “povera” del piatto, nato per evitare sprechi.

Ancora oggi gli “strissulis” vengono utilizzati per preparare deliziose varianti di frico.

 

 

Le prime testimonianze del frico friulano risalgono alla metà del XV secolo. Il maestro Martino da Como, cuoco al servizio del patriarca di Aquileia, descrive per primo questo piatto nella sua opera “De Arte Coquinaria”, chiamandolo “caso in patellecte”. La ricetta descritta da Martino da Como prevede l’utilizzo di formaggio grasso non troppo stagionato, tagliato a fette o a bocconcini. Il formaggio viene poi cotto in padella con burro o strutto e, una volta sciolto, viene condito con zucchero e cannella.

Un’altra storia collega le origini del frico a Sant’Ermacora, patrono di Udine. Si narra che, durante una visita in Carnia, il Santo chiese ospitalità a una famiglia di pastori che gli offrì un pasto frugale a base di polenta, siero e formaggio. Sant’Ermacora suggerì di riscaldare il siero e aggiungere caglio, aceto e ricotta, creando così un piatto precursore del frico. Non esiste una ricetta unica e definitiva per il frico friulano. Ogni zona, famiglia e persino ogni cuoco custodisce la propria versione, tramandata di generazione in generazione. Tuttavia, gli ingredienti base rimangono il formaggio, preferibilmente Montasio o latteria, patate ed arricchendo con cipolle, queste ultime, a piacere.

Dove nasce?

carniaIl frico, come accennato sopra, nasce sulle montagne della Carnia, una regione prevalentemente montuosa del Friuli Venezia Giulia, in provincia di Udine. La sua nascita in questa zona è legata alla necessità di evitare gli sprechi alimentari, in particolare dei ritagli di formaggio che avanzavano dalla produzione delle forme. Il frico era quindi un piatto povero, nato proprio per utilizzare gli scarti.

 

La prima testimonianza scritta di questo piatto pare risalga alla metà del Quattrocento, nell’opera “De Arte Coquinaria” di Maestro Martino, cuoco del Patriarca di Aquileia. Il frico è diffuso anche nella vicina Slovenia e in Carinzia, dove prende il nome di frika.

Perché si chiama così?

Il nome “frico” sembra derivare dalla parola francese “fricot“, che si riferiva a un piatto a base di verdure cotte. Esistono piatti simili al fricot in Romagna, come il “friccò”, il “fricò”, il “fricandò” o la “fricassea di verdure”, che consistono in verdure miste tagliate a pezzi e cotte in padella. Inizialmente, il piatto friulano era chiamato “fricò”, con l’accento sull’ultima sillaba. Il nome è poi cambiato in “frico” tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando la lingua italiana venne introdotta nel friulano parlato e scritto, portando all’eliminazione delle parole con l’accento tonico sull’ultima sillaba.

Qual è la differenza tra frico morbido e frico croccante?

La principale differenza tra frico morbido e frico croccante sta nella consistenza e nel metodo di cottura. Il frico morbido, come quello descritto nella fonte, è un tortino di patate e formaggio. Si cuoce una miscela di formaggi di latteria con diverse stagionature insieme alle patate fino a formare un tortino.  Il frico croccante, invece, è una cialda di formaggio grattugiato. Per prepararlo, si frigge il formaggio grattugiato in olio bollente fino a farlo diventare croccante.

frico croccante piva enzo Frico Croccante, Piva Enzo.   frico coderno Frico “Morbido”, Latteria di Coderno

Dal passato al presente: formaggi storici del Friuli e prodotti dimenticati

Nella storia gastronomica del Friuli Venezia Giulia ci sono prodotti che sono stati dimenticati, e prodotti che invece sono stati riscoperti e che continuano ad essere commercializzati da alcuni piccoli produttori friulani.

Leggi l’articolo per scoprire i formaggi storici quasi dimenticati e i prodotti che si sono persi con il passare del tempo, come le strissulis e la morcje.

I formaggi storici quasi dimenticati

Probabilmente conosci già formaggi tradizionali del Friuli Venezia Giulia come il Latteria o il re dei formaggi friulani, il Montasio DOP, ma conosci anche i formaggi storici che sono quasi stati dimenticati con il passare del tempo? Parliamo, ad esempio, del Formadi Frant e del Salato storico, due prodotti unici e dalle tecniche di produzione insolite.

In entrambi i casi, si tratta di formaggi storici creati con modalità di produzione davvero particolari.

Il formaggio Salato
Il Salato o Asìno è uno dei più antichi formaggi del Friuli, forse si tratta addirittura del più antico!
Infatti, le sue origini risalgono alla metà del XVII secolo e possiamo trovarlo citato per la prima volta nel 1659 nel volume Rerum Foroiuliensium dello storico Enrico Palladio.

Il Salato nasce per evitare lo spreco delle forme di formaggio non perfette e la sua produzione è piuttosto insolita rispetto ad altri formaggi della tradizione.

La produzione
Come si può evincere anche dal nome “salato”, questo prodotto è caratterizzato dal gusto intenso e particolare, derivato dall’immersione nella “salmuèrie”, ovvero la miscela di latte, panna di affioramento, acqua e sale, la cui ricetta è gelosamente custodita e tramandata di generazione in generazione dai produttori.

formaggio salato storico casera rugo
Salato Storico Casera Rugo

Questa miscela bianca e densa viene mantenuta in tini di legno di Larice e determina il sapore caratteristico del prodotto. Al suo interno le forme si ammorbidiscono e acquisiscono gli aromi tipici che contraddistinguono il formaggio.

Lo sapevi che…
La salmuèrie è mantenuta nel tempo e può arrivare anche a duecento anni! I tini non sono mai svuotati o sostituiti ma solo integrati e si mantengono grazie ad un fenomeno chimico che si chiama “scambio osmotico”. Ogni giorno il composto è rimescolato e gli sono aggiunti alcuni degli ingredienti di partenza per mantenere il delicato equilibrio della miscela.

Se sei curioso e vuoi scoprire di più sulla storia e sulla produzione di questo formaggio, leggi il nostro articolo a riguardo, che trovi qui.

Il sapore è davvero particolare e l’unico modo per conoscere davvero questo formaggio è proprio assaggiarlo. Lo trovi sul nostro sito, prodotto da Casera Rugo, sia in versione classica, che più cremosa.

Dal punto di vista degli abbinamenti, può essere accompagnato alla polenta calda o alle patate, oppure come ingrediente per panini o spuntini rustici.

Il Formadi Frant
Scopriamo ora il Formadi Frant, che non possiamo definire un formaggio perché è il prodotto della frantumazione di altri formaggi.

Come nel caso del Salato, nasce per evitare gli sprechi delle forme imperfette. Il suo luogo d’origine è la Carnia, regione storica che si estende a est del sistema dolomitico e che è caratterizzata da rigidi inverni con venti impetuosi. In passato, quando le scorte di cibo scarseggiavano in inverno, erano assolutamente da evitare gli sprechi di tutto ciò che potesse servire al sostentamento durante la stagione fredda.

La produzione
Anche le modalità di produzione del Formadi Frant sono piuttosto particolari e molto diverse da quelle cui siamo abituati.

frant classicoPer la sua produzione vengono frantumati formaggi di latteria di media e lunga stagionatura, amalgamati poi in un impasto omogeneo, a cui sono aggiunti la panna fresca pastorizzata, altri latticini, sale e pepe.

Successivamente, il composto è inserito in stampi con fascere di legno e poi pressato e stagionato per circa 40 giorni.

Il risultato è un formaggio dalla consistenza morbida ma leggermente compatta e friabile e dal sapore marcato con un piacevole contrasto fra dolce e piccante.

Se vuoi scoprire di più su questo formaggio unico, leggi il nostro articolo a riguardo, qui! Puoi conoscere meglio la sua storia anche sul sito di Slow Food FVG.

Il Formadi Frant è molto legato al suo produttore e può variare in base a chi lo produce.
Sul nostro sito lo puoi trovare prodotto da Casera Rugo, sia in versione classica, che con altri ingredienti, come finocchio, semi di papavero o noci.

Come abbinarlo? Ti consigliamo prima di tutto di assaggiarlo così com’è, per godere appieno dei suoi aromi unici, anche perché tipicamente è da consumare come formaggio da tavola o da consumare a fine pasto.
In alternativa, può essere mangiato anche con pane, polenta, confetture e miele.

Questi formaggi sono artigianali e si trovano con produzione limitata dai piccoli caseifici della regione. Li puoi trovare sul nostro sito e assaggiare la bontà delle antiche tradizioni friulane.

I prodotti dimenticati

Siamo arrivati al punto dell’articolo in cui scopriamo alcuni dei prodotti che sono stati praticamente dimenticati nella storia e che non vengono più utilizzati, o comunque non se ne sente di certo parlare come in passato.

Le strissulis
Se conosci il Frico, devi sapere che la sua storia è legata a quella delle strissulis, ovvero dei ritagli di formaggio ricavati quando il casaro arrotonda le forme.
Infatti, dopo la prima fase di pressatura, il casaro rifinisce i bordi delle forme con un coltello affilato, producendo delle strisce di cagliata fresca dal gusto delicato che richiama il latte.

strissulis
Strissulis di Latteria di Fagagna

Una volta tagliate, le strissulis venivano distribuite dal casaro, talvolta anche reclamate dai bambini del paese per il loro pranzo o come spuntino.

Un tempo venivano utilizzate anche per fare il Frico, tipico piatto della tradizione friulana, che oggi, sempre più spesso, viene preparato con i pezzi di formaggio anche di stagionature diverse per dare più sapore al piatto.
In certi casi, però, puoi ancora trovare questi ritagli di formaggio confezionati in appositi sacchetti, da utilizzare in cucina, anche sulla pizza.

Se non conosci ancora il Frico, assaggialo qui! È un prodotto gustoso e insuperabile della cucina tradizionale friulana. Sul nostro sito lo trovi creato direttamente dalle latterie della regione, in pratiche monoporzioni precotte, solo da scaldare un po’ in padella!

La Morcje
Un altro prodotto che si sta perdendo con il passare del tempo è la Morcje, un condimento che un tempo era molto ricercato nelle cucine friulane, per arricchire i cibi più semplici.

Questo condimento nasce con il processo di conservazione del burro. Un tempo, quando non c’erano ancora i frigoriferi, era molto difficile evitare il processo di irrancidimento del burro. Per questo motivo, dopo aver acquistato il panetto di burro dal caseificio, quest’ultimo veniva posto in una pentola capiente e messo a cuocere su fuoco lento. Il blocco si scioglieva lentamente, facendo affiorare una leggera schiuma e, durante la cottura il burro diventava di colore giallo dorato, mentre la schiuma scompariva.

La massa fusa veniva lasciata a riposo, così che si depositasse un fondo, ovvero la “morcje”. In seguito, era posta in vasi e lasciata solidificare e il composto poteva essere utilizzato come condimento e conservato per diverse settimane.

cjarsons
Cjarsons

Uno dei piatti semplici dalle umili origini che veniva arricchito dal composto erano i Cjarsons, dei ravioli di pasta ripiena originari della Carnia, che possono essere preparati sia in versione dolce che salata.

 

 

Il latticello
Infine, scopriamo il latticello, un derivato del latte estratto alla fine del processo di produzione del burro.

Il latticello veniva chiamato anche in altri modi, come “batude” o con altri appellativi, a seconda della collocazione del caseificio di provenienza.

Si tratta della porzione liquida derivata dalla panna utilizzata nella lavorazione del burro, che una volta veniva consumato come colazione o come bevanda energetica e dissetante. Questo liquido, di aspetto sieroso e dal sapore acidulo, infatti, era molto gradito anche dai contadini che lavoravano i campi come fonte di energia e bevanda rinfrescante, grazie al suo contenuto di flora batterica.

Ci sono tradizioni e sapori che con il passare del tempo si perdono per tanti motivi.
Una cosa però è certa: è importante conservare il più possibile i sapori di un tempo, perché sono in grado di portarci in epoche diverse solo attraverso il gusto. Mangiare una fetta di Formadi Frant o di Salato è davvero un piccolo salto nella storia gastronomica del Friuli…in un’epoca non poi così lontana in cui non si sprecava niente.

Scopri Aquileia: dalla storia al dolce tipico

In questo articolo viaggiamo nella storia di Aquileia, un piccolo borgo del Friuli, che rappresenta uno dei siti archeologici più importanti dell’Italia settentrionale.
Questo splendido borgo storico ospita anche la Pasticceria Mosaico, che ha creato un goloso dolce tipico, il Dolce Aquileia, che ci riporta nel passato con i sapori tipici dell’epoca romana.

Leggi questo articolo per scoprire la storia del territorio e il Dolce Aquileia, attraverso un viaggio nei sapori della Roma Antica.

Storia e territorio di Aquileia

Aquileia
Basilica di Santa Maria Assunta

Prima di tutto, scopriamo il territorio e la sua ricca storia!
Aquileia è un piccolo borgo in provincia di Udine, entrato a far parte del patrimonio UNESCO nel 1998, grazie ai numerosi reperti e ai bellissimi mosaici pavimentali che custodisce.

La storia
Venne fondata come colonia romana e come postazione militare nel 181 a.C., data la sua posizione strategica.

L’importanza della città fu ulteriormente rafforzata e consolidata grazie all’imperatore Diocleziano, che la trasformò in una delle città più importanti dell’impero. Successivamente, Aquileia divenne un centro nevralgico per la diffusione del cristianesimo in Europa.

Inoltre, grazie alla sua posizione strategica e alla vicinanza al mare, Aquileia rappresentava un importante porto per i romani.

Passeggiando nel borgo è possibile viaggiare nella storia di Aquileia al tempo dei romani, tra la natura e l’archeologia nei pressi del Porto Fluviale. Seguendo il percorso, noto come la “Via Sacra”, si passeggia seguendo il letto del fiume che un tempo attraversava la città.
Oltre ai resti del porto, è possibile esplorare anche il foro romano, che fungeva da fulcro della vita politica e sociale della colonia romana.

In una visita ad Aquileia, non si possono di certo dimenticare gli splendidi mosaici pavimentali! Il più conosciuto è quello della Basilica patriarcale di Santa Maria Assunta, che risale al IV secolo e che, insieme agli altri resti archeologici romani e paleocristiani rendono il borgo la capitale del mosaico romano d’Occidente.

Il territorio
Per quanto riguarda il territorio, Aquileia è un vero e proprio tesoro ambientale, in cui scoprire ampi boschi, rogge d’acqua di risorgiva e la bellissima laguna di Grado. Inoltre, il territorio offre percorsi naturalistici da percorrere a piedi o in bicicletta.

Aquileia rappresenta un luogo ricco di cultura, in grado di offrire splendidi paesaggi naturali e reperti archeologici unici.
È anche possibile trovare numerose aziende agricole e piccoli produttori locali, come la Pasticceria Mosaico.
Per scoprire questa pasticceria artigianale continua a leggere!

La Pasticceria Mosaico

pasticceria mosaico
Pasticceria Mosaico di Aquileia

Dal nome evocativo, questa pasticceria nasce nel 1978, in un piccolo laboratorio in cui furono preparati i primi dolci, come quelli “di una volta”, da vendere agli alberghi e ristoranti della zona.
Inizialmente il laboratorio era incentrato sulla produzione di prodotti da pasticceria, come crostate e torte tradizionali, per poi evolversi e aprirsi al mondo del cioccolato, del caffè, del tè e dei dolci artigianali senza glutine, senza latticini e vegani.

Nel 2011 la Pasticceria Mosaico apre la Saletta, un luogo dove poter sorseggiare una bevanda calda, con annesso laboratorio di cioccolato a vista, in cui i clienti possono seguire le fasi della produzione artigianale!

Negli ultimi anni la pasticceria si è concentrata sullo studio del caffè, diventando una vera e propria mini-torrefazione, in cui i chicchi crudi vengono miscelati e tostati, per poter offrire la migliore qualità in ogni tazza di caffè.

La pasticceria vanta anche di essere la prima e unica “Fabbrica del Cioccolato” in Friuli Venezia Giulia! Le ricette sono arricchite da fave di cacao 50% fairtrade e da ingredienti naturali.

I prodotti della pasticceria sono buoni e genuini, sia dolci che salati, e sono creati con l’80% di materie prime del territorio e di stagione. La filosofia della pasticceria è quella di promuovere una cultura sana del cibo, basata sulla qualità e sulla ricerca per migliorare i prodotti che offre ai propri clienti.

Oltre a produrre alcune tipicità regionali, come la Gubana e il Presnitz, la pasticceria ha creato un prodotto tipico che rappresenta appieno la storia del territorio, il Dolce Aquileia.
Scopri sul nostro sito tutti i golosi prodotti artigianali e genuini della Pasticceria Mosaico, qui!

I dolci nell’Antica Roma

Prima di parlarti del buonissimo Dolce Aquileia, facciamo un piccolo approfondimento sui dolci nel periodo dell’Antica Roma.

Nonostante la canna da zucchero non fosse utilizzata e il cioccolato non fosse ancora conosciuto, nell’Antica Roma venivano preparati diversi dolci.

Specialmente durante le festività, era comune trovare una varietà di dolci sulle tavole dei banchetti. Tra questi vi erano il Libum, un pane dolce preparato con latte e miele; i Globi, delle piccole “frittelle” realizzate con il formaggio, ricoperte di miele e di semi di papavero; e il Savillum, una torta dolce al formaggio.

Possiamo conoscere le ricette di queste preparazioni grazie alla celebre opera De Agri Cultura di Marco Porcio Catone.

Gli ingredienti più utilizzati erano:

  • le noci;
  • i fichi;
  • il miele;
  • i datteri.

Il dolce Aquileia

Questo dolce è un vero e proprio concentrato di ingredienti dell’Antica Roma, come le noci, il farro, i fichi e il miele, che sono la base di questo prodotto di pasticceria dal cuore morbido e cremoso.

dolce aquileiaIl Dolce Aquileia nasce dalla necessità della Pasticceria Mosaico di trasmettere i sapori tipici e tradizionali del luogo e dell’epoca romana. Grazie alla ricerca e alla passione per l’arte pasticcera, la pasticceria ha elaborato in chiave moderna gli ingredienti tipici di quel periodo storico per creare un dolce davvero originale.

La Pasticceria Mosaico lo definisce come un “dolce da viaggio”, perché una volta confezionato ha una durata di circa un mese ed è ideale per il trasporto! Va conservato a temperatura ambiente e, se non viene consumato tutto in una volta, il resto va tenuto avvolto in una pellicola, così che mantenga tutta la sua fragranza. Scopri di più qui.

Puoi assaggiarlo sul nostro sito, qui!

Come mangiare il Dolce Aquileia?
L’ideale è per merenda o colazione, magari insieme a qualche crema spalmabile, per una coccola da concedersi durante la giornata.

Nelle stagioni fredde è perfetto da accompagnare a una tazza di tè o caffè, mentre nelle stagioni calde è ottimo con una pallina di gelato.

A questo punto non ti resta che assaggiarlo e fare un viaggio nei sapori tradizionali dell’Antica Roma!

Le Latterie Turnarie

Hai mai sentito parlare delle latterie turnarie? Leggi l’articolo per scoprire di più su questa antica tradizione friulana!

La storia delle Latterie Turnarie

Le latterie turnarie sono un sistema di gestione del latte e della lavorazione di prodotti caseari nato verso la fine dell’ottocento e presente soprattutto nelle zone del Friuli, del Trentino, del Veneto e della Slovenia.
Un tempo erano molto diffuse e rappresentavano una forma efficiente ed economica di gestione del latte, particolarmente adatta alla produzione su piccola scala degli allevatori friulani.

Questo sistema è stato istituzionalizzato con la prima latteria a Collina di Forni Avoltri nel 1880 e, da allora, si è diffuso su tutto il territorio.

Ma come funzionavano esattamente?
Le latterie turnarie si basavano sulla caseificazione collettiva, ovvero ogni famiglia di allevatori, socie della latteria, portava il proprio latte che poi veniva lavorato e trasformato in formaggio. Ogni socio manteneva la proprietà del prodotto finito per stagionarlo e commercializzarlo in proprio.
Con questo sistema, il credito o il debito di latte delle famiglie nei confronti della latteria, veniva annotato ogni giorno su un libretto, chiamato “libretto del latte”, che veniva conservato con cura.

Il nome “turnarie” deriva dal fatto che le famiglie, a turno, conferivano il latte al caseificio, in un giorno specifico della settimana che veniva assegnato ad ognuno dei soci. Chi portava una quantità maggiore di latte, aveva a disposizione più giornate nell’arco della settimana per portarlo in struttura.

Come si svolgeva una giornata tipo in una latteria?
La giornata di lavoro iniziava prima dell’alba, quando il socio di turno arrivava in latteria e portava la legna per accendere il fuoco, che scaldava l’acqua utilizzata per le pulizie e per la cottura del formaggio. Una volta acceso il fuoco, il casaro iniziava a scremare il latte della sera, che era stato lasciato a riposare per tutta la notte nelle bacinelle apposite. Al mattino, si era formato uno strato superficiale più denso, dovuto all’affioramento della panna del latte.

In seguito, la panna veniva trasferita in una piccola botte di legno, la zangola, con cui si agitava la panna, per consentire la separazione della parte liquida da quella grassa e dare origine al burro. Nel frattempo , il casaro si occupava di rimuovere dalla pressatura il formaggio della sera prima, per poi disporlo nella salamoia per la salatura.

A questo punto cominciava la consegna del latte appena munto da parte dei soci della latteria, che doveva essere il più “pulito” e privo di impurità possibile. Il latte veniva pesato e versato nella caldaia di rame, insieme al latte scremato della sera. Dopo aver aumentato il fuoco, veniva aggiunto il caglio, fondamentale per consentire il processo di coagulazione.

Il momento della consegna del latte aveva un forte valore sociale e rappresentava un momento di condivisione e di scambio per i soci, spesso numerosi, che si recavano alla latteria.

Dopo una breve pausa, si giungeva al momento della giornata della produzione del formaggio, quando il casaro procedeva con il taglio e la cottura della cagliata. A questo punto, il latte si presenta come un agglomerato compatto immerso nel siero.
Con le tele utilizzate per raccogliere la cagliata, il casaro estraeva le forme di formaggio per poi collocarle negli stampi per la pressatura, che durava fino al mattino seguente, per poi essere posto nelle vasche della salamoia. Le forme venivano poi ripetutamente girate, per far espellere il siero residuo.

Per completare la fase di salatura delle forme, grani di sale grosso venivano distribuiti sulla superficie del formaggio, che da quel momento era pronto per cominciare la stagionatura.

storia latteria sociale turnaria di lavariano
Latteria Sociale Turnaria di Lavariano

Latterie Turnarie e Latterie Sociali

Se hai sentito parlare delle latterie turnarie, avrai sicuramente sentito anche parlare delle latterie sociali, ma qual è la differenza?

Nel corso del tempo la latteria turnaria si è trasformata in latteria sociale, che differisce dalla prima in quanto il socio, anziché ritirare il suo formaggio riceveva un compenso in denaro proporzionale al latte portato in latteria o al prodotto finito lasciato al casaro da commercializzare. Scopri di più.
Dunque, la latteria sociale, invece di effettuare un servizio di lavorazione da parte dei soci, come nel caso della turnaria, acquista il latte o i prodotti caseari finiti.

Purtroppo, questo sistema sta progressivamente scomparendo e il numero di latterie turnarie in Friuli è sempre minore, per fortuna, però, ce ne sono ancora! Per questo è molto importante sostenere le piccole realtà che si impegnano a mantenere viva la tradizione delle latterie turnarie e sociali friulane.

I nostri produttori

Scopri di più su alcune delle latterie turnarie e sociali che fanno parte del progetto di Fattorie Friulane. Ognuna di loro ha una storia di passione e di tradizione che vale la pena scoprire.

  • La Latteria Sociale di Castions di Strada si trova nel cuore del paese ed è una delle latterie turnarie più antiche del Friuli.
    È nata nel 1902 per volere della comunità castionese e la sua storia accomuna le famiglie di più generazioni, rimanendo un punto di riferimento costante nel tempo.
    Essendo una Latteria Sociale, è composta da soci che hanno piccoli allevamenti a Castions di Strada e nei paesi vicini. Il loro obiettivo è quello di riproporre i sapori di una volta, mantenendo uno stretto rapporto tra gli allevatori e gli animali, senza l’utilizzo di allevamenti intensivi che, purtroppo, oggi sono sempre più comuni.
    Assaggia sul nostro sito i buonissimi formaggi “di una volta” della Latteria Sociale di Castions di Strada.

 

  • Un’altra latteria sociale che vogliamo presentarti è quella di Talmassons, un caseificio storico nato nel 1928.
    Inizialmente, i soci, gli agricoltori del paese, conferivano il latte e, a turno, producevano il formaggio, che restava di loro proprietà. Dal 1981 la cooperativa diventò un caseificio sociale e passò alla vendita diretta dei prodotti caseari da parte della cooperativa.
    Oggi, è una realtà ben affermata e molto richiesta per l’ottima qualità dei suoi formaggi, tra i quali si può trovare il tradizionale Latteria.
    Non è tutto… nel 2011 hanno anche aperto la gelateria, che prepara ottimi gelati con il latte dei produttori locali.
    La produzione artigianale della Latteria Sociale di Talmassons è affidata completamente a casare donne, che lavorano in modo tradizionale, nell’assoluto rispetto delle normative igienico-sanitarie.
    Sul nostro sito puoi assaggiare i loro gustosi prodotti!

 

  • Anche la storia della Latteria Sociale di Cividale e delle Valli del Natisone è molto interessante da scoprire. È nata nel 1924 come latteria turnaria e attualmente è costituita da 40 soci che conferiscono il loro latte in caseificio. Giornalmente sono lavorati circa 200 quintali di latte, trasformato in formaggi freschi e stagionati, tra cui il Montasio DOP tradizionale, il Latteria e diversi altri formaggi tutti prodotti a latte crudo.
    Tra i loro prodotti ci sono anche salumi, vini, biscotti e dolci e sul nostro sito puoi trovare il buonissimo Nestri “frico” prodotto con le patate e i loro formaggi freschi!

 

  • Ti presentiamo anche la Latteria Sociale Turnaria di Lavariano, che nasce nel 1922, quando alcuni dei contadini di Lavriano, abituati dall’inizio del ‘900 a portare il latte al paese vicino di Risano, hanno deciso di creare una propria latteria.
    La sua storia ebbe una svolta quando, a seguito della Seconda Guerra Mondiale, in un contesto in cui la situazione agricola risultava molto grave, la latteria si impegnò per aiutare i contadini locali, acquistando per loro alcune delle macchine agricole e determinando così la nascita della società agricola.
    La latteria venne trasformata in Società Cooperativa, composta dagli allora 182 soci, che costituivano quasi tutte le famiglie del paese di Lavariano.
    Uno dei prodotti di punta è il Montasio DOP, per il quale la latteria ha ricevuto anche l’elogio dal Consorzio Montasio per la cura e la realizzazione di un prodotto di ottima qualità.
    Oggi vengono lavorati ogni giorno circa 25 quintali di latte e la latteria ha ampliato la gamma dei loro prodotti, introducendo formaggi come caciotte, formadi frant, Mentalino e molti altri!
    Assaggia i formaggi prodotti con passione, amore per la tradizione e consapevolezza della latteria!

 

  • La storia della Latteria Turnaria di Campolessi, che riveste un ruolo sociale ed economico fondamentale per il sostegno alla comunità, comincia nel 1908.
    Infatti, nel corso del tempo la latteria si impegna ad aiutare la comunità, attraverso, ad esempio, prestiti di attrezzi a costi contenuti e l’elargizione di fondi da parte della latteria a uso delle “istituzioni parrocchiali” per aiutare a costruire la chiesa.
    Nel 1926 viene inaugurato il nuovo caseificio, a seguito della ristrutturazione della struttura.
    Attualmente, i soci conferitori sono 15 e provengono da Gemona e dai comuni limitrofi e la quantità di latte lavorata giornalmente è di circa 20 quintali.

 

  • Scopriamo anche la storia del Caseificio sociale Alto But, che nasce nel 1969 dalla fusione delle piccole latterie della Val But.
    Giornalmente, nel periodo da dicembre a giugno, vengono lavorati 115 quintali di latte, mentre, da luglio a novembre, circa 60 quintali, in quanto la maggior parte del bestiame sale sulle malghe.
    Per la lavorazione del formaggio, il caseificio sociale Alto But utilizza tecniche moderne, mantenendo intatto il rispetto delle antiche tradizioni.
    Assaggia i formaggi Alto But sul nostro sito!

 

  • Ti presentiamo anche la Latteria Sociale di Coderno, fondata nel 1889 che nasce come Cooperativa turnaria nel 1932 per tutelare, coordinare e sviluppare l’attività zootecnica locale.
    Il decennio degli ‘80 fu un periodo di crisi per la latteria, così come per il settore agricolo e lattiero-caseario in generale. Per uscire da questo momento di crisi, la latteria decise di interrompere la monoproduzione standard di Montasio e di sfruttare anche nuovi spazi di mercato, creando nuove prospettive.
    Nel 1990, infatti, ci fu una ristrutturazione totale dello spaccio della sede sociale e, a seguito, ci fu l’inaugurazione di nuovi punti vendita che permisero il potenziamento dell’attività.
    La gamma dei prodotti attuali è costituita sia dal formaggio Montasio, che dai formaggi tipici del Caseificio di Coderno, come il Latteria, ma anche diversi altri formaggi come mozzarelle, caciotte, ricotta affumicata e altri prodotti.
    Tutti i loro prodotti sono caratterizzati dall’ottima qualità, dalla loro tipicità e dalla genuinità. Li trovi sul nostro sito, insieme al Frico friulano in varie versioni.

 

  • Concludiamo la storia parlando delle latterie di Fagagna Borgo Paludo e Borgo Riolo.
    L’antica tradizione del formaggio di Fagagna nasce alla fine del 1800, quando alcuni dei soci fondatori si unirono a formare la prima latteria. La tradizione fu tramandata di padre in figlio e ora sopravvive grazie a queste due latterie cooperative, che sono fortemente inserite nel tessuto del paese.
    Il latte che arriva giornalmente dalle stalle è soggetto a rigidi e costanti controlli sanitari, per assicurare la freschezza del prodotto. Un aspetto particolare del formaggio di Fagagna è anche la specifica alimentazione delle mucche, data dalle varie essenze di erbe presenti nel fieno e nei prati circostanti Fagagna, che conferiscono al prodotto un gusto inconfondibile e riconoscibile.
latteria di fagagna borgo paludo
Produzione del formaggio Latteria Borgo Paludo
latteria pri
Formaggio Latteria Pezzata Rossa Italiana

Il formaggio Latteria

Il Latteria si chiama così perché è proprio il formaggio che deriva dalla tradizione delle latterie turnarie e sociali.

Sul nostro sito puoi trovare diversi formaggi Latteria, dai più freschi ai più stagionati! Eccone alcuni:

  • il Fagagna fresco di Borgo Paludo, un formaggio dolce e morbido che ricorda il profumo del latte
  • il Latteria 6 mesi di Latteria Sociale di Talmassons, un mezzano prodotto con latte crudo, che ne caratterizza il sapore di nocciola nelle brevi stagionature e più deciso nelle medie
  • il Latteria PRI di La Fattoria di Pavia, prodotto con il latte di Pezzata Rossa Italiana
  • il Latteria stagionato 12 mesi di Azienda Agricola Li.Re.Ste, un formaggio più stagionato molto versatile.

Adesso che conosci la storia delle latterie turnarie e sociali non ti resta che provare questo tradizionale formaggio friulano!

La Pezzata Rossa Italiana: un’eredità italiana unica

In questo articolo parliamo della Pezzata Rossa Italiana (P.R.I.). Ne hai già sentito parlare? È una razza di bovine di origine friulana in grado di produrre carne e latte di ottima qualità. Se vuoi scoprire di più su questa razza e sulle sue caratteristiche continua a leggere l’articolo.

Che cos’è la Pezzata Rossa Italiana?

La P.R.I. appartiene al gruppo di razze che fanno riferimento alla popolazione Simmental, che è una delle più numerose al mondo, con più di 40 milioni di capi! È così diffusa perché è una bovina eclettica, in grado di produrre latte in buona quantità e di ottima qualità e ottima carne.

Origine e storia

La Pezzata Rossa Italiana è una razza di origine meticcia, nata nel 1870 da un incrocio di sostituzione avvenuto tra una vecchia razza locale, detta Friulana, che presentava il mantello “fromentino”, e la razza Simmental pezzata rossa di origine Svizzera.

Si è diffusa in tutta Italia, dalla sua zona di origine del Triveneto ( ovvero Friuli-Trentino-Veneto) e attualmente si possono contare circa 400.000 capi, suddivisi fra la zona di origine e il Centro e Sud Italia.

Una curiosità sulla razza Friulana…
Questa razza di bovine era adibita soprattutto al lavoro, piuttosto che alla produzione di carne e latte. Infatti, una delle caratteristiche per le quali si distingueva era proprio la sua attitudine dinamica, derivata dalla sua costituzione fisica. Il suo forte sviluppo scheletrico e le sue articolazioni robuste la rendevano un potente mezzo da lavoro, in grado, inoltre, di produrre una grande quantità di latte.

La sua storia non finisce certo qui, anzi, la “duplice attitudine latte-carne” di questa razza è stata resa possibile solo dai perfezionamenti che sono stati messi in atto successivamente per migliorare significativamente sia la qualità del latte che quella della carne.

Infatti, è stato possibile migliorare notevolmente la qualità del latte prodotto grazie all’utilizzo di tori francesi di razza Montbeliarde e della carne attraverso gli incroci con tori di razza Bavarese e Austriaca.

Un’altra data che vale la pena menzionare, poiché ricopre un ruolo molto importante nella storia della Pezzata Rossa Italiana è il 1956, quando venne istituita a Udine l’Associazione Nazionali Allevatori Pezzata Rossa Friulana, con il compito di occuparsi del miglioramento genetico della razza.

Caratteristiche

Questa razza bovina è ormai diffusa in tutta Italia e il numero di bovine è in continua crescita. Ma quali sono le caratteristiche principali che la contraddistinguono? Scoprile qui di seguito!

  • Uno dei motivi per cui è così ampiamente diffusa è la sua forte capacità di adattamento alle condizioni di allevamento più svariate e difficili. Possiamo affermare che generalmente sono allevate in stalle di dimensioni medio piccole, solitamente in zone montane o collinari.
  • La sua semplicità di gestione è un’altra importante caratteristica delle Pezzate Rosse Italiane, che è data dall’accurato lavoro di selezione svolto sulla razza, per diminuire il livello di consanguineità.
  • Inoltre, questa razza bovina è fertile, longeva e resistente alle malattie, consentendo una forte riduzione dell’uso di farmaci, una caratteristica positiva molto importante che si traduce nella migliore qualità e salubrità dei prodotti.

La carne e i derivati della Pezzata Rossa Italiana

Adesso che hai scoperto le origini e le caratteristiche principali di questa particolare razza bovina friulana, puoi scoprire perché la carne della P.R.I. è unica, speciale e scelta da moltissimi chef per la sua elevata qualità!

La carne di questa razza ha un basso contenuto di grasso ed è caratterizzata da un equilibrio favorevole tra acidi saturi e polinsaturi.
È una carne succulenta e molto saporita, nota per la sua tenerezza, la sua marezzatura e il suo sapore caratteristico.

Per quanto riguarda la sua carne, sul nostro sito puoi trovare sia la Fiorentina che la Costata di Pezzata Rossa Italiana, una selezione esclusiva di carne pregiata, proveniente da bovini allevati con cura e passione nelle verdi e rigogliose terre del Friuli.
Oltre alla carne però puoi anche trovare il formaggio Latteria PRI prodotto da La Fattoria di Pavia con l’utilizzo del latte delle bovine P.R.I.

Se non sai quale carne scegliere, continua a leggere per scoprire le caratteristiche di questi due tagli di carne, che trovi nel nostro negozio online.

La Fiorentina
La Fiorentina è un taglio di manzo pregiato, chiamato T-bone steak in inglese, che si riconosce dalla sua tipica forma a cuore o triangolare. Proviene dalla lombata e comprende due muscoli, il filetto e il controfiletto, separati dall’osso a forma di T.

Qual è la differenza tra filetto e controfiletto?
Il filetto è noto per la sua impareggiabile tenerezza, mentre il controfiletto è più saporito.

È un tipo di carne che va dal rosa al rosso ciliegia e che, grazie al procedimento della frollatura, perde una parte di acqua in eccesso, concentrando il sapore all’interno delle fibre che acquisiscono tenerezza e succosità.

Con cosa puoi abbinarla?
È perfetta da accompagnare alle verdure come zucchine, radicchi rossi e asparagi e ad un vino rosso di carattere, del territorio friulano, come un Merlot o un Cabernet.

fiorentina di pezzata rossa
Fiorentina di Pezzata Rossa Italiana
costata di pezzata rossa
Costata di Pezzata Rossa Italiana

La Costata
La Costata, detta anche Bistecca in costola, rappresenta uno dei tagli più conosciuti e apprezzati tra gli amanti della carne. È un taglio perfetto per le cotture dirette alla brace o su piastra, ma anche per i più avventurieri che vogliono sperimentare tecniche di cottura meno “tradizionali”.

Questo taglio di carne pregiato è ricavato dalla lombata, ovvero la parte posteriore del bovino, tra la spalla e la coscia, muscoli che svolgono poco lavoro.

La costata è un taglio decisamente saporito, succoso e tenero, grazie alla presenza di grasso che in cottura dona alla carne una morbidezza che stupisce!

Con cosa abbinarla?
La costata è eccellente insieme ad una polenta calda, qualche verdura e rigorosamente accompagnata da un vino rosso di carattere del territorio, come un Refosco di Faedis o uno Schioppettino.

latteria pri
Formaggio Latteria di Pezzata Rossa Italiana

Il formaggio della Pezzata Rossa Italiana

Sul nostro sito puoi trovare anche il formaggio Latteria PRI, prodotto con il latte di ottima qualità della Pezzata Rossa Italiana dal nostro produttore La Fattoria di Pavia.

Ora non ti resta che scegliere quale prodotto assaggiare per primo di questa razza bovina unica, che rappresenta un’eredità friulana di grandissimo valore!

Immergiti in un’esperienza culinaria unica, dove la tradizione incontra la qualità senza compromessi. Ogni boccone di queste succulente bistecche e costate ti trasporterà in un viaggio di sapori indimenticabili. La carne, tenera e succosa, è caratterizzata dal marmorizzamento perfetto e dall’aroma intenso che solo le razze di Pezzata Rossa possono garantire.

Acquistare le nostre bistecche e costate direttamente dagli allevatori significa sostenere l’agricoltura locale e promuovere pratiche sostenibili. Il nostro impegno per la qualità e il benessere animale si riflette in ogni fase del processo di allevamento, garantendo un prodotto che puoi gustare con la consapevolezza di fare una scelta più etica e responsabile. Infatti, i nostri allevatori, che dedicano la loro vita agli animali e all’eccellenza della produzione, si prendono cura di ogni dettaglio.

La Rossa Pezzata del Friuli Venezia Giulia

Approfondimenti

Per scoprire di più sulla Pezzata Rossa Italiana, puoi visitare anche il sito La Rossa Pezzata FVG e assaggiare i prodotti nel nostro negozio online!